Vanessa Beecroft è
nata a Genova nel 1969, da madre italiana e padre britannico. Ha passato parte della sua infanzia sul lago di Garda, poi ha frequentato il Liceo Artistico a Genova e successivamente l'Accademia di Brera, dove si è diplomata in scenografia.
Raggiunge presto la celebrità in Italia e negli Stati Uniti.
Vive e lavora a New York.
La scelta espressiva della Beecroft è stata quella di pensare e realizzare performance, utilizzando il corpo di giovani donne più o meno nude, mosse secondo precise coreografie, con opportuni commenti musicali o con il variare delle luci. Ciascuna delle partecipanti deve attenersi a una serie di norme che Beecroft stabilisce prima di ciascuna azione, con l'obiettivo di comporre ''quadri viventi'', esponendo in gallerie e musei di arte contemporanea. La Beecroft pone al centro della propria riflessione i temi dello sguardo, del desiderio e del mondo della moda.
Dal 1998 le sue performance hanno occupato gli spazi di numerosi musei internazionali, tra cui il Guggenheim di New York, il Whitney Museum of American Art e la Kunsthalle di Vienna.
L'interesse dell'artista è
da sempre rivolto verso l'indagine dell'identità
femminile nel mondo contemporaneo
e il suo lavoro presenta l'immagine del corpo della
donna come polo di ammirazione
e attrazione ma nello stesso tempo oggetto di schiavitù
e frustrazione.
Tutto nasce per Vanessa Beecroft
da un vissuto personale, e l'opera d'arte rappresenta
una sperimentazione per misurare
la propria emotività, una proiezione delle proprie
ossessioni sulla corporeità,
il fascino e il potere della seduzione fisica.
Beecroft ama collocare modelle,
attrici, talvolta donne comuni incontrate per strada
in spazi definiti con precisione
(sale di palazzi e musei, gallerie): costruisce con
rigida regia la scena, dove gruppi
di donne vestite succintamente, in genere con la parrucca,
restano immobili e indecifrabili
nell'area che occupano, incuranti di ciò che
le circonda, senza mai entrare
in contatto con il pubblico. Alcune sono in piedi, altre
sedute, i loro movimenti sono
impercettibili e nessuna mossa risponde a un gioco di
richiamo sessuale, semmai rimanda
ai gesti di un automa, privato dell'anima.
Le installazioni, per cui l'artista
si avvale di citazioni tratte da una serie di codici
culturali appartenenti al cinema,
alla pubblicità, alla moda, alla letteratura
e all'arte, avvengono nel più
totale silenzio e tutto sembra in attesa che si compia
qualcosa, quando invece non succede
niente durante le lunghe ore della performance. Ne risulta
un'atmosfera stranamente fredda,
misteriosa, che mette a disagio lo spettatore molto
di più di come possano
sentirsi imbarazzate le ragazze, osservate e studiate
come se fossero "in vetrina".
Il tema del corpo si sfaccetta:
serialità e unicità, omologazione e individualità,
fascino e indifferenza, seduzione
e solitudine: la bellezza è in funzione autoreferenziale
e la giovinezza è breve
sogno.
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