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Nome:
Francesco De Molfetta
Francesca Fornasari

RECIPROCHE CORRISPONDENZE

Un  piccolo uomo se ne sta solo al centro della scena, in un teatro in miniatura. Questo il progetto di un giovanissimo Francesco De Molfetta, all'epoca studente di liceo, già dotato di una capacità di sintesi non comune. E' trascorso circa un decennio da quell'esperimento e almeno un'altra tappa  ha segnato in modo inequivocabile il suo percorso di ricerca, si tratta di un cortometraggio pensato e realizzato dallo stesso De Molfetta durante il corso di regia teatrale frequentato a Milano,  soggetto: un pittore è impegnato a ritrarre un fiume, en plein air, quando all'improvviso sopraggiunge un bambino che gli marca il segno fiume sulla fronte; nella scena seguente l'uomo entra nella sua opera acquistando coscienza di essere sovrastato dalla stessa e di risultare fuori scala rispetto a quello che crea. La possibilità di ridurre il teatro al rapporto tra pubblico e autore, mantenendone intatta la natura intrinseca, lo porta ad abbandonare momentaneamente l'immagine per sperimentare la reciproca corrispondenza di parole che accostate danno vita a frasi che sono al contempo statiche ed in movimento, frasi cicliche, senza inizio e senza fine, quali “smettere di non riuscire a smettere” che dipinge su piccole tele. Dura poco, ben presto un omino comparirà nuovamente sulla tela, intento a cancellare parole; si apre così la fase più matura del suo lavoro, quella delle sequenze bloccate che per la combinazione segnica che le caratterizza appaiono paradossalmente in continuo movimento. Se si prova ad accostare due lavori di diversi artisti può capitare che si inneschi una reciproca riflessione che finisce per chiarire aspetti importanti dell'uno attraverso quelli dell'altro; questo avviene tra Francesco De Molfetta e Francesca Fornasari, dove il ragionamento sul teatro diventa la prima chiave di lettura dei disegni della Fornasari, malinconicamente evocativi dell'illustrazione vittoriana e del suo essere meravigliosa traduzione grafica del teatro di quel periodo, portando in sé la contraddizione del movimento nella stasi. Di quegli anni anche la presenza costante dell'ombra dietro ogni persona o oggetto, consapevolezza del pericolo e occasione di lucida lettura della realtà che il lavoro di Francesca Fornasari rivela anche in quello di De Molfetta. Essere figli del loro tempo gli ha consentito di tradurre Aubrey Beardsley nel più contemporaneo Quentin Blake, per il quale il vicino della porta accanto non è necessariamente il male ma un “freak” da riscattare mentre l'oscuro c'è ma è chiaramente altrove.

Marco Tagliafierro


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