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Foto di Valentina Colonna-Preti

Nome:
Jan Knap

Per amore solo per amore

La luminosità delle tele di Knap ci porta in un mondo di serenità dai tratti agresti, dove siamo partecipi di scene di vita quotidiana caratterizzate da una ricercata semplicità con toni serafici.
L’artista si dedica con passione e impegno al mondo della pittura e all’apprendimento delle tecniche, così come ad una seria riscoperta della religione cristiana che, nonostante le sue irrequiete peregrinazioni, lo conduce dalla Repubblica Ceca fino a Roma a studiare filosofia e teologia (passando per Düsseldorf, dove studia con Gerhard Richter, e New York, dove collabora con importanti gallerie). Da questa laboriosa ricerca deriva la sua iconografia: i temi, che sembrano mostrare una leziosità emotiva o un semplice ottimismo, sono la trasposizione pittorica di una profonda e radicata convinzione a livello metafisico, a cui l’artista è giunto per sentieri perigliosi (lontani da quelli comuni ai ‘fedeli per tradizione’). È proprio la profondità del suo sentimento di amore religioso ed artistico, acquisito con fatica, che lo porta ad una poetica densa di significati, nonostante il linguaggio volutamente e apparentemente leggero, in realtà assai vicino al mondo concettuale, in cui Knap racchiude il suo candore e la sua sapienza.
Il soggetto più ricorrente delle tele è un nuovo paradiso terrestre: una Sacra Famiglia dai caratteri incredibilmente umani vive nella luce di un eterno giardino, o in una casa utopica; compie i piccoli gesti dell’esistenza di tutti i giorni, secondo i ritmi di un passato bucolico a noi ancora vicino, nonostante i possenti sviluppi dell’Era moderna. Non risulta difficile immaginarci seduti sulla sedia lasciata libera nella tela, o prendere parte anche noi alle faccende domestiche; quando lasciamo che la fantasia ci faccia immergere nell’opera veniamo svegliati dalla luminosità dell’oro e dalla presa di coscienza di ciò che è mostrato: una Sacra Famiglia umanizzata e calata in una quotidianità per noi semplice da immaginare. L’esigenza sottesa alla sua iconografia è la ricerca, e successiva condivisione, di una divinità che non incute soggezione né timore, una divinità concreta che si rende simile alle creature più piccole, e disponibile a tutti.
Lungo il percorso delle immagini religiose tradizionali, con Sacre Famiglie, Madonne con il Bambino e Santi, Knap imbocca una strada secondaria, e sceglie di mostrare eventi della quotidianità: l’artista raffigura scene che sono molto più affini a noi, rispetto alle pale d’altare tradizionali o agli affreschi del passato.  La tradizione iconografica è reinterpretata, in una ricerca di dignità che lascia intravedere gli antenati illustri, ma con il sincero desiderio di discostarsene educatamente. Quando Jan Knap adotta spazialità e forme neo-quattrocentesche, non intende operare una citazione ma creare atmosfere, richiami, assonanze linguistiche.

vedi opere: Per amore solo per amore

Il lavoro di Knap è tanto raffinato intellettualmente da sembrare elementare. La sua è una pittura mentale, non sentimentale, anche se bimbi, amorini e dolcezze vi occupano una grande parte. Ed è una pittura che nasce da una visione filosofica, anche se la filosofia si mimetizza in immagini soavi, talmente soavi da scandalizzare la nostra sensibilità nevrotica e sofferente.
Jan Knap nasce a Chrudim, nell’ex-Cecoslovacchia, nel 1949. Dimostra già in età adolescente una precoce attenzione all’arte e riceve i primi rudimenti del mestiere da uno scultore oggi dimenticato. Alla “scienza” della pittura, peraltro, Knap sarà sempre profondamente interessato. Ma è una scienza che deve approfondire da solo, impiegando anni di tentativi e di esperimenti per capire le qualità e le proprietà dei colori, le finezze tecniche, i trucchi e i segreti di una grammatica artigianale che in passato era tramandata di bottega in bottega, e che oggi ogni pittore deve scoprire da solo, lentamente, faticosamente.
Dopo la primavera di Praga Knap decide di abbandonare il Paese e si trasferisce in Germania, iscrivendosi all’Accademia di Düsseldorf, dove ha per maestro Gerhard Richter.
La formazione di Knap, però, non si esaurisce nell’ambito artistico. Più tardi, a Roma, dal 1982 al 1984, compirà studi di filosofia e di teologia, resi anche più intensi dall’avvicinamento alla religione cattolica. Tutta l’iconografia dell’artista, la famiglia di angioletti e di piccoli santi che abita nei suoi paesaggi, non nasce da una leziosità emotiva, da un ottimismo banale, da un gusto dell’idillico e dell’edulcorato. È invece la traduzione, in immagini di straordinaria luce, di una prospettiva teoretica radicata, di una convinzione metafisica profonda, raggiunta non attraverso le tranquille vie dell’abitudine, ma attraverso una riscoperta dolorosa.
Dopo gli anni di Düsseldorf l’artista si trasferisce a New York, dove rimane dal 1972 al 1982. Il suo lavoro, attraversata una fase espressionista e una breve stagione astratta segnata dall’interesse per Mondrian, giunge alla fine degli anni Settanta a una figurazione immediata, primitivista, contraddistinta da una prospettiva ripida e ribaltata.
Nel 1979 Knap fonda il gruppo “Normal” con Peter Angermann e Milan Kunc, con cui espone ad Aquisgrana nel 1981 e a Düsseldorf nel 1984.
Nonostante la lontananza geografica che separa i tre artisti (in questo periodo Knap vive a New York, Angermann presso Norimberga e Kunc a Colonia) e nonostante la differenza dei loro esiti pittorici, il Gruppo trova un comun denominatore nel desiderio di superare gli eccessi dell’ermetismo concettuale. “Normal”, però, ha vita breve anche se le sue istanze di semplicità, di immediatezza, di anti-intellettualismo rimarranno vive nella pittura di Knap come, del resto, in quella di Angermann e Kunc.
Dopo il soggiorno a Roma si trasferisce a Colonia, dove rimane fino al 1989. Subito dopo viene a vivere in Italia, a Modena. Nel 1992, infine, rientra nell’ex Cecoslovacchia dove sceglie di abitare in un piccolo paese non lontano da Austerlitz, tra Brno e Praga: poco più che un villaggio, circondato dai prati e dalle colline che ricorrono in numerosi suoi quadri.
A tanti irrequieti spostamenti l’artista fa corrispondere una fedeltà profonda alle ragioni della sua pittura che in questi anni prosegue coerente con le proprie premesse. La pittura di Knap ci raggiunge con il suo candore e la sua sapienza, la sua classicità e la sua contemporaneità, la sua eloquenza e il suo mistero. Edenica nei suoi significati e nei suoi ideali, è una pittura tutt’altro che “buonista”, anzi è soffusa di una muta intransigenza verso le certezze dell’arte del nostro tempo. Ma è soprattutto una pittura luminosa. Come un sorriso, come un miraggio.
Dai primi anni Ottanta la sua pittura si articola, essenzialmente, in tre grandi categorie di soggetti: i santi, la famiglia e l’iconografia sacra. Il soggetto più ricorrente dei suoi quadri è un nuovo paradiso terrestre: una commedia umana (o una divina commedia) in cui compaiono santi, angeli, una coppia di sposi con i loro bambini. Una famiglia, o una Sacra Famiglia (i confini sono molto labili perché il sacro s’incarna nell’umano e l’umano si eleva al sacro, in un’oscillazione che non si interrompe) vive nella luce di un eterno giardino, o in una casa di bambola, compiendo i piccoli gesti dell’esistenza di tutti i giorni, secondo ritmi e azioni e compiti che non sono quelli del ventesimo secolo, ma nemmeno quelli del passato.
L’esigenza teoretica sottesa alla sua iconografia è quella di una divinità che non incute soggezione né, tanto meno, timore e tremore, ma si rende simile alle creature più piccole. Quell’immagine che già Sartre trovava sconvolgente: un Dio che ha tre anni, che ride…
Le reminescenze trecentesche e quattrocentesche evidenti nell’iconografia e gli elementi classici non indicano solo una volontà di evocazione dell’antico, ma anche un modo diverso di pensare il flusso cronologico. Quando Jan Knap adotta spazialità e forme neoquattrocentesche non intende operare una citazione ma creare atmosfere, richiami, assonanze linguistiche.
Ogni suo quadro è composto, in realtà, di molti quadri. Ogni particolare, ingrandito, potrebbe tradursi in opera autonoma. Si assiste come a un lavoro di intarsio, in cui molte idee si accostano spazialmente, quasi a formare un polittico ideale. Ogni opera nasce da una proliferazione narrativa, dal piacere di moltiplicare gli elementi figurali, di seguire i mille rivoli di una storia visiva.
 
Tratto dal testo critico di Elena Pontiggia per il catalogo “Jan Knap”, Milano 2001

Principali mostre personali:
- Holly Solomon Gallery, New York
- Centraal Museum, Utrecht
- Albrecht Dürer Gesell
- Kunstverein, Lingen
- Fondazione Stelline, Milano
- Galleria Arte Moderna, San Marino
- Galleria Civica d’Arte Moderna, Spoleto
- Galerie Paul Maenz, Köln
- Galleria Toselli, Milano
- Städtische Ausstellungshalle Galerie im Karmeliterkloster, Frankfurt
- Studio Simonis, Paris
- Duetart Gallery, Varese

 

 

vedi opere:
Jan Knap novembre-dicembre 2008

Jan Knap aprile-maggio 2012
Jan Knap aprile-maggio 2016

Jan Knap giugno-luglio 2019

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