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Chloe Piene

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Chloe Piene


Chloe Piene (Connecticut, 1972), laureata in arte alla Columbia University di New York, dopo un master a Londra si è imposta negli ultimi anni sulla scena internazionale con tre video che fondono un antico mix di sesso, morte e poteri occulti, dove regnano l'esibizionismo e la violenza, in una convivenza ambigua di erotismo e nevrosi. La mostra, accanto ad alcune foto tratte da “David”, “The Woods” e “Blackmouth”, propone il video “The Woods” (2002), un'inquietante serie di minuti nel buio dove un gruppo di rozzi giovani ripresi in un elastico, rallentato movimento ballano come narcotizzati al suono di un rock gotico, mentre una sinistra voce elettronica dice “Nessuno ti ama. Satana sputa sulla tua vera anima. Non meriti di vivere.” La musica è distorta e dura e i giovani si gonfiano nei loro grandi jeans e nelle T-shirt che invadono la scena come onde morte che hanno i colori di un bosco, uniti e soli, ciascuno intrappolato nella sua solitudine e insieme teso in uno sforzo di lotta, mentre la voce del Male dice “Distruggerò la tua vita.” La videocamera sembra sussultare in un'atmosfera di goffa stupidità e di carnalità malata, che conduce il gruppo in un crescendo di tensione a portare sulle braccia l'artista in una posa che dissacra l'iconografia cristiana. E mentre il sonoro intona le parole “Ti senti libera”, resta nello spettatore un senso di oppressione che promana da tutta la carica aggressiva inesplosa, un senso di angoscia per una violenza che non ha un volto preciso, ma ha tutti i volti delle violenze immotivate e assurde. Manca l'estasi collettiva, manca la catarsi: resta il branco intrappolato nell'immagine lugubre di un nuovo culto misterico destinato a non svelare la luce, come sottolinea lo spazio/caverna/Ade da cui non si torna.

Ha esposto dal 1998 in Europa (Kunstmuseum di Lucerna, Kunsthalle di Berna, Biennale e Tate di Liverpool) e Stati Uniti, finché il crescente interesse della critica e del pubblico l'ha condotta nel 2004 alla Whitney Biennal, al Whitney Museum e al New Museum of Contemporary Art di NewYork.



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