Nata
a Teheran nel 1974, si è trasferita con la famiglia
nel 1985 in Germania. Ha studiato fotografia a Dortmund
e a Zurigo, dove attualmente vive e lavora, pur compiendo
regolarmente viaggi in Iran. Nel 2002 ha vinto il City
Bank Price di Londra ed è stata invitata alla
Biennale di Venezia 2003.
Le sue opere, sia che ritraggano paesaggi cittadini
e brevi tratti delle strade per lo più deserte
che attraversano il Paese, sia che rappresentino persone
di diversa età e professione, colte nei piccoli
gesti soliti della vita quotidiana, vanno comunque contro
gli stereotipi della fotografia e della filmografia
iraniane, che tendono a presentare una visione drammatica
della cultura; la serie "Goftare Nik/Good words",
il cui titolo è tratto da una massima di Zoroastro,
"buoni pensieri, buone parole, buone azioni",
sintetizza la morale religiosa decisamente ottimista
dell'artista che, pur mostrando le contraddizioni e
le ambiguità della sua terra, mescola i valori
tradizionali dell'islamismo con l'influenza pervasiva
del consumismo occidentale.
Il suo lavoro non elude il conflitto tra le diverse
culture, ma preferisce indugiare su dettagli dell'esperienza
comune -una ragazzina per strada, una mamma che allaccia
le scarpe al bambino- fissati dall'obiettivo nella loro
disarmante semplicità.
Le donne di Shahbazi telefonano dalla scrivania dell'ufficio,
viaggiano in treno, fumano: i chador e le lunghe vesti
non nascondono la loro femminilità tenace e creativa,
a cui è affidata la ripresa della società;
e la giovane sposa che sorride serena sembra proprio
alludere a un futuro a cui ci si può abbandonare
con fiducia.
Dal punto di vista artistico, vari sono i rimandi a
tradizioni di diversi livelli, dalle miniature persiane
antiche ai tappeti, dai mosaici coi volti dei leader
ai manifesti di propaganda tipici del Medio Oriente:
l'artista, sia che scelga di fotografare interni dai
colori accesi con stoffe e vasellame variopinto, sia
che prediliga le immagini rapite al sole polveroso delle
strade, non indugia mai nei toni esotici, non si concede
accenni di drammaticità, ma sembra costruire
lentamente, fotogramma dopo fotogramma, il volto di
un Paese dove la vita si dipana tranquilla, in un'orgogliosa
fedeltà alle proprie radici, che pure traggono
acqua dal vicino Occidente.
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