Cresciuta in una cittadina dello stato del Baden-Württemberg, nel cuore della Foresta
Nera, a vent’anni Lara Rottinghaus sceglie Düsseldorf come luogo dove completare
gli studi: è l’epicentro pulsante dell’arte contemporanea, lo spazio dove regna la
linea di pensiero dell’Accademia, che ospita grandi maestri nel ruolo di professori
e giovani desiderosi di trovare la loro strada, a cominciare dalla scelta del corso
che intendono seguire.
Lara Rottinghaus ottiene di essere ammessa alle lezioni di un artista austriaco che
all’Accademia insegna pittura da venticinque anni, Siegfried Anzinger (Weyer,
Austria, 1953), tra i fondatori di una corrente del neo-espressionismo tedesco nata
a Berlino nel clima animato e ricco di fermento che precede la caduta del Muro.
I Neuen Wilden (I nuovi selvaggi), che si muovono parallelamente alla Transavanguardia
italiana, dopo i sottili enigmi del linguaggio concettuale propongono una
pittura ‘urlata’, materica, definita perfino violenta, interprete dello spirito di libertà e rinnovamento che la Germania sperimenta a partire dagli anni ’70 fino all’atteso
e ineluttabile 9 novembre 1989.
È la galleria di Paul Maenz a Colonia a esporre le prime opere di questi originali
neo-espressionisti unitamente alle voci più significative del panorama artistico
italiano, come Salvo, Giulio Paolini e i transavanguardisti come Paladino e Clemente.
Respirando attraverso Anzinger le nuove istanze figurative della pittura tedesca,
liberata dalle catene in cui era intrappolata dal secondo dopoguerra che avevano
quasi annullato la figura – e insieme, l’uomo e l’umanità – prediligendo forme
astratte, spesso senza colore, in grado di sostenere il messaggio di chi aveva perso
la volontà di esprimersi, Lara Rottinghaus cresce artisticamente in un alveo fecondo
e originale in cui la pittura, affrancata dal retaggio concettuale e ‘ripulita’ dalla paralisi
emotiva che aveva accompagnato l’arte tra gli anni ’50 e gli anni ‘70, riprende
a narrare il mondo dell’uomo e la realtà quotidiana, a lungo vissuta quasi come un
tabù.
La pittura di Lara Rottinghaus è spontanea, istintiva, apparentemente senza filtri tra
il "sé" e il mondo rappresentato. Non appena un frammento di vita entra nel campo
visivo dell’artista, deve affrontare un veloce processo di selezione, che conduce
alla scelta tra ‘trattenere’ o ‘eliminare’: le immagini trattenute e fotografate sono
spesso destinate a diventare il soggetto di un quadro.
Proprio nell’uso della fotografia si può cogliere l’influenza di Gerard Richter, per la
valorizzazione delle istantanee, il gioco della sovraesposizione o sottoesposizione
e il mutuo sostenersi di fotografia e pittura, in un dialogo intrigante capace di aggiungere significato nel meccanismo dei significanti. Ma è Siegfried Anzinger a
donarle la magia del colore ad olio, versatile e plastico, ben più espressivo della
rigidità delle immagini fotografiche, che dona alle immagini dipinte vigore e intensità quasi teatrale.
L’artista compone un’antologia di atti abituali, pose consuete, giornate ordinarie,
in cui avviene ben poco di atipico o straordinario. È la poesia delle piccole cose,
degli atti del nostro vivere che non rendono uniche le giornate ma le rendono vere,
spontanee e degne di essere narrate anche solo perché sono momenti vissuti e
attraversati con i sensi accesi per gustare, guardare, ascoltare.
Lara Rottinghaus parla di questo, utilizzando una pennellata avvolgente che compone
le figure e le permea di concretezza, quasi fosse un gesto palliativo che possa
offrire sostegno nel percorrere le ore del giorno: con un linguaggio spontaneo
e immediato, sembra chiamare lo spettatore in un gioco di sensazioni, come se
volesse suggerire la capacità di godersi la vita, di apprezzare la bellezza che è possibile
ritagliare nella fretta dei giorni che volano via veloci, in una vita frenetica che
spesso scivola rapida senza lasciare niente.
Ciò che intriga l’artista è il silenzio dell’opera, il mutuo scambio di emozioni e connessioni
reso possibile dal linguaggio universale dell’arte figurativa: lo spettatore
guarda e comprende, vibra insieme ai personaggi rappresentati, vive con loro,
della loro vita, apprende i modi - cristallizzati dalla pittura quasi fosse l’istante di
una rappresentazione teatrale – della sopravvivenza serena, della resilienza, quando
tutto nel mondo sociale e politico sembra condurre a un rapido dissolvimento
dell’umanità. È difficile essere giovani oggi, nutrire sogni, progettare il futuro,
eppure Lara Rottinghaus indica che è ancora possibile, a patto di saper assaporare
le brevi gioie offerte dalla vita.
È molto interessante il taglio su cui l’artista costruisce l’immagine, come se operasse
sul frame dell’istantanea fotografica delle amputazioni, un troncamento utile a
valorizzare un certo gesto, una selezione per ridurre la scena al racconto degli
elementi essenziali. Perché di questo si tratta: la capacità di raccontare, attraverso
un minimalismo apparentemente spontaneo, la volontà di resistere, vivere a oltranza,
parlare e ridere mentre la barca va a fondo, bere alla finestra come se ci fosse un
domani sereno ad attenderci.
Isabella Colonna Preti
Growing up in a small town in the state of Baden-Württemberg, in the heart of the
Black Forest, Lara Rottinghaus chose Düsseldorf at the age of twenty as the place
to complete her studies: it is the pulsating epicentre of contemporary art, the place
where the Academy’s line of thought reigns, hosting great masters as professors
and young people eager to find their way, starting with the choice of the course
they intend to follow.
Lara Rottinghaus obains admission to the lessons of an Austrian artist who has been
teaching painting at the Academy for twenty-five years, Siegfried Anzinger (Weyer,
Austria, 1953), one of the founders of a current of German neo-expressionism born
in Berlin in the lively and fervent climate preceding the fall of the Wall.
The Neuen Wilden (The New Wild Men), who move in parallel with the Italian Transavantgarde,
after the subtle enigmas of conceptual language, propose a ‘shouted’,
material, even violent painting, an interpreter of the spirit of freedom and renewal
that Germany experienced from the 1970s until the expected and ineluctable 9
November 1989.
It was Paul Maenz’s gallery in Cologne that exhibited the first works of these original
neo-expressionists together with the most significant voices of the Italian art scene,
such as Salvo, Giulio Paolini and transavanguardists like Paladino and Clemente.
Breathing through Anzinger were the new figurative instances of German painting,
freed from the chains in which it had been trapped since the Second World War that
had almost annulled the figure - and at the same time, man and humanity - favouring
abstract forms, often without colour, capable of supporting the message of those
who had lost the will to express themselves, Lara Rottinghaus grows
artistically in a fertile and original breeding ground in which painting, freed from
the conceptual heritage and ‘cleansed’ of the emotional paralysis that had accompanied
art between the 1950s and the 1970s, resumes narrating the world of man
and everyday reality, long experienced almost as a taboo.
Lara Rottinghaus’s painting is spontaneous, instinctive, apparently without filters
between the ‘self’ and the represented world. As soon as a fragment of life enters
the artist’s field of vision, it has to go through a quick process of selection, which leads
to the choice between ‘withhold’ or ‘delete’: the images withheld and photographed
are often destined to become the subject of a painting.
It is precisely in the use of photography that the influence of Gerard Richter can be
discerned, for the enhancement of snapshots, the play of overexposure or underexposure
and the mutual support of photography and painting, in an intriguing dialogue capable of adding meaning in the mechanism of signifiers.
But it is Siegfried Anzinger who brings the magic of oil colour, versatile and plastic,
far more expressive than the rigidity of photographic images, which gives the painted
images vigour and almost theatrical intensity.
The artist composes an anthology of habitual acts, customary poses, ordinary days,
in which little that is atypical or extraordinary occurs. It is the poetry of the small
things, of the acts of our living that do not make the days unique but make them
real, spontaneous and worthy of being narrated if only because they are moments
experienced and traversed with the senses switched on to taste, to look, to listen.
This is what Lara Rottinghaus talks about, using an enveloping brushstroke that
composes the figures and permeates them with concreteness, almost as if it were
a palliative gesture that can offer support as we go through the hours of the day:
with a spontaneous and immediate language, she seems to call the spectator into
a game of sensations, as if to suggest the ability to enjoy life, to appreciate the
beauty that can be carved out in the haste of days that fly by quickly, in a frenetic
life that often slips by quickly without leaving anything behind. What intrigues the
artist is the silence of the work, the mutual exchange of emotions and connections
made possible by the universal language of figurative art: the spectator looks and
understands, vibrates together with the characters represented, lives with them, of
their lives, learns the ways - crystallised by the painting as if it were the instant of
a theatrical performance - of serene survival, of resilience, when everything in the
social and political world seems to be leading to a rapid dissolution of humanity.
It is difficult to be young today, to nurture dreams, to plan for the future, yet Lara
Rottinghaus indicates that it is still possible, provided one knows how to savour the
brief joys offered by life.
The cut on which the artist constructs the image is very interesting, as if she were
operating on the frame of the photographic snapshot of amputations, a truncation
useful to enhance a certain gesture, a selection to reduce the scene to the story of
the essential elements. Because this is what it is all about: the ability to recount,
through an apparently spontaneous minimalism, the will to resist, to live to the
bitter end, to talk and laugh while the boat sinks, to drink at the window as if there
were a peaceful tomorrow waiting for us.
Isabella Colonna Preti
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